sabato 9 agosto 2008

in occasione del ventennale della morte

on line

A vent'anni dalla morte ricordato il pittore Emilio Notte

Giovedì, 28 novembre 2002

Nel ventennale della scomparsa di Emilio Notte, oggi il sindaco di Ceglie Messapica, Mario Annese, ha scoperto sulla facciata della casa natale del pittore futurista una lapide commemorativa. Alle 10 nel teatro comunale di Ceglie si è tenuto un convegno «Emilio Notte. Un maestro del Novecento»: vi hanno preso parte Michele Ciracì, Carmelo Pasimeni, Gino Agnese, Lucio Giannone, Gloria Anichini Costa, Giuseppe Mazzarino, Enrico Crispolti. Nel pomeriggio è stata visitata la civica galleria Emilio Notte che raccoglie una importante donazione del maestro alla città di Ceglie, comprendente sue opere (tre, inestimabili, del periodo futurista) ed opere di suoi allievi.

"La Gazzetta del Mezzogiorno" ha ricordato l'appuntamento con un lungo articolo di Giuseppe Mazzarino pubblicato nella pagina della cultura. Lo riportiamo integralmente.

Emilio Notte il futurista senza velocità

di Giuseppe Mazzarino

Finalmente la terra di Puglia celebra e ricorda uno dei suoi figli, Emilio Notte, uno dei grandi maestri della pittura del XX secolo. L'occasione del centenario, nel 1991, era passata invano, ed a Ceglie Messapica languiva anche, accatastata in un deposito, la donazione che il maestro, prima di scomparire ultranovantenne, aveva voluto lasciare alla «sua» città. Sua molto fra virgolette, perché Notte, pugliese per caso (il padre, veneto, era a Ceglie come ufficiale del registro) ebbe in Toscana, tra Firenze e Prato, la sua formazione artistica ed esercitò poi per decenni a Napoli il suo magistero. Ma alla terra natìa era rimasto comunque sentimentalmente, visceralmente legato.
Il ventennale della scomparsa è diventato allora il pretesto per riparlare di Notte, rendergli onore, rendere fruibile la sua donazione. E il comune di Ceglie questa volta non si è fatto cogliere impreparato.

Emilio Notte, d'altronde, è un gigante ancora semi-sconosciuto nella storia del Novecento. Se non fosse stato per la tenacia e solerzia di un suo antico allievo all'Accademia di Belle arti di Napoli, il giornalista e critico Gino Agnese, attuale presidente della Quadriennale romana, per una campagna di stampa che vide nei Novanta il figlio del maestro, Riccardo, ed i quotidiani pugliesi in prima linea nel riproporre il grande misconosciuto, e soprattutto per la paziente opera di Enrico Crispolti, uno dei maggiori studiosi europei del Futurismo e delle Avanguardie, Emilio Notte sarebbe ancora una nota in margine agli studi sul Futurismo, e magari sarebbe un po' più conosciuto come «pittore napoletano», di buona mano ma tutt'altro che avanguardista. E invece...

Nato a Ceglie ma formatosi in Toscana, allievo di Fattori e De Carolis, Notte entra subito in contatto con gli ambienti lacerbiani, anche se non lega molto con Soffici, e nel 1916 lo troviamo, sia pure in posizione minoritaria e distinta, nel gruppo de L'Italia Futurista, la cosiddetta «Pattuglia azzurra» che surrogò a Firenze la defezione di Papini, Soffici e Palazzeschi dal Futurismo e diede vita al «secondo Futurismo fiorentino» (da non confondere col Secondo Futurismo tout court, che parte dagli Anni Venti).
Leggermente più anziano degli altri pittori del gruppo e dotato di una salda tecnica, il nostro, che ha già esposto alla Biennale di Venezia del 1912, è peraltro stimato un primattore: «Notte spiccava in mezzo a noi», ammetterà molti anni più tardi Primo Conti, al quale peccati di modestia non ne ha mai potuti imputare nessuno. Conti, Lucio Venna e Mario Nannini lo eleggono a loro maestro. Non altrettanto bene vanno le cose, per contro, con gli ideologi della pittura astratto-occultistica, i fratelli Ginanni Corradini, ovvero Bruno Corra e Arnaldo Ginna, come li ribattezzerà futuristicamente Giacomo Balla.
In particolare Notte non condivide la scelta per l'astrattismo che Ginna compie decisamente già negli albori degli anni Dieci e che si sostanzia, oltre che nelle prime opere astratte dell'arte europea, in contemporanea con quelle di Kandinskij ed in leggero anticipo su quelle di Balla, anche in due importanti saggi scritti in collaborazione col fratello Bruno. Notte non ci sta. Il suo futurismo, già esplicito fin dal '15 in una delle tante piazze che dipingerà, è piuttosto, nonostante la personale antipatia, di impronta sofficiana. Notte difendeva la figurazione, Ginna postulava la scomparsa dell'oggetto. Non solo. Come tutti i futuristi «toscani», lacerbiani o no, Notte non è particolarmente attratto dalla civiltà meccanica e metropolitana: anche nelle sue piazze è più facile trovare pazienti animali da tiro che automobili, tram o locomotive. Nel 1916 Notte realizza un'opera fondamentale, il ritratto di Arnaldo Ginna, che incorpora alla maniera futurista e cubista un frammento della testata de L'Italia Futurista; ma è un omaggio ambiguo al contestato compagno di strada, effigiato con uno sguardo inquietante e con una cadaverica mano femminile bianca posata sulla spalla, quasi significazione di possessione di forze occulte.
Il segno di Notte era comunque quello di un maestro, tanto che è accaduto che un suo quadro sia stato addirittura attribuito a Boccioni (e considerato un autoritratto boccioniano!), ed un altro è stato venduto per opera di Boccioni, con apposizione di firma falsa.

Nell'immediato dopoguerra, dopo aver cercato di creare una corrente di pittori futuristi anti-astrattisti, Notte prende decisamente le distanze dal Futurismo e da Marinetti; il suo ritorno all'ordine artistico non è però accompagnato da analoga posizione politica, anzi, il socialista Notte diventa addirittura comunista.
L'avventura futurista è finita, continua una lunga e preziosa militanza artistica e di maestro di artisti, interrotta solo dalla morte, a Napoli, nel 1982.

(La Gazzetta del Mezzogiorno)

Nessun commento: