lunedì 11 agosto 2008

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Adriana Notte e Pietro Marino: lite "futurista" sull'arte

Lunedì, 18 marzo 2002

Interessante scambio di accuse, poco ermetico ma molto espressionista e neorealista, tra Adriana Notte, figlia del pittore cegliese Emilio Notte, e Pietro Marino, critico culturale della Gazzetta del Mezzogiorno e per molti anni condirettore del quotidiano pugliese. Lo scintillìo di sciabole, cui peraltro la Adriana non è nuova nella personale difesa del padre e della pittura, occupa gran parte della rubrica "Lettere" della Gazzetta del Mezzogiorno.

Pubblichiamo integralmente lo scritto di Adriana Notte e la risposta di Pietro Marino.

"Il pittore Emilio Notte (e la figlia)"La lite sulla Gazzetta del Mezzogiorno

LA LETTERA DI ADRIANA NOTTE

A proposito della mostra di arte contemporanea: «Omaggio al sacro» di Noci, nella Civica galleria d'arte contemporanea (via Porta Putignano 44, inaugurata il 9 febbraio e aperta fino al 9 aprile), con tanta ironica baldanza descritta (si fa per dire) dal giornalista Pietro Marino, ci permettiamo, in vista di una conferenza dibattito che si terrà nelle stesse sale della mostra il 20 c.m., di presentarci con qualche annotazione di merito.

A ferro caldo, l'articolo suddetto dal titolo: «Noci cercando il sacro» (Gazzetta, febbraio 2002) ebbe l'effetto di una bevanda appena effervescente di cattivo gusto e pessima marca. Abbiamo atteso, prima di riaverci dal piccolo shock: la sfrontatezza leggiadra dell'articolo aveva del patetico. Dei partecipanti alla mostra, visti in mucchio, non uno si era salvato, solleticati melanconicamente dalla spiumata penna del Marino che, tra sottintesi da ricamo pettegolo, approdava infine pericolosamente ad apprezzamenti antistorici intorno alla figura di Emilio Notte. Scandalose inesattezze storiche non dovrebbero essere permesse ad un giornalista che si voglia far rispettare come tale. È veramente troppo mostrare Emilio Notte come «protagonista» del Futurismo napoletano che non è mai esistito.

Ma sa, almeno, il Marino, che Emilio Notte è stato firmatario del Manifesto futurista nel 1917? E che a Napoli pervenne nel 1930? È pietosamente ridicolo parlare di «blando espressionismo» a proposito del suddetto artista; il quale ha lasciato una traccia troppo importante nella storia dell'arte per non permettere manipolazioni ambigue di date e avvenimenti. Invitiamo pertanto il Marino a documentarsi almeno sulle date della storia, a meno che la sua autosufficienza non sia una feritoia troppo stretta per documentazioni per lui forse faticose.

Per finire, alla sottoscritta figlia di Emilio Notte fa abbastanza schifo il supposto «blando espressionismo», anche a lei attribuito. Per cui, in attesa dell'annunciata conferenza della sera del 20 marzo, dal titolo: «La ricerca del Volto», cerchiamo onestamente e umilmente di leggere la nostra storia, che, davvero, non è «blanda», né «sommaria», né «passatista», ma tragicamente e meravigliosamente nuova.

Adriana Notte
Ceglie Messapica (Brindisi)


LA RISPOSTA DI PIETRO MARINO

Risponde Pietro Marino.
Se la signora Adriana Notte mi avesse coperto di insulti un mese fa, ovvero dopo la recensione alla mostra di Noci nella rubrica «Colpo d'occhio» del 14 febbraio, avrei capito. A caldo, una cattiva lettura (anzi, lo «shock») può far perdere le staffe. Di insulti ne ho ricevuti, in oltre 40 anni di militanza critica: sempre da pessimi pittori o da maldestri organizzatori, incapaci di opporre ragionamenti a giudizi magari anche severi. Ora, di Adriana Notte avevo altra stima. Apprezzavo la passione con cui si dedica al culto del padre a Ceglie Messapico, paese natale dell'artista. Che poi abbia voluto seguirne le orme, non dico sfruttarne il nome, è umano. I risultati della figlia in pittura non sono granché. Perciò a me sembrava, scrivendo che le sue opere si rifanno ad un «blando espressionismo» (che non è una parolaccia) di averla trattata sin troppo bene.

Ma è francamente sgradevole che lei riduca Emilio Notte a «scudo umano» per così dire, quasi che fosse lui l'offeso, mentre io gli rendevo evidentemente omaggio. Ma che sto a discutere con una che si spinge ad affermare che «il Futurismo napoletano non è mai esistito»? Chissà a chi parlò Boccioni a Napoli nel 1910 e per chi scrisse il «manifesto futurista ai pittori meridionali» nel 1916, chissà che ci faceva Sprovieri a Napoli con la sua Galleria Futurista nel 1914 e Prampolini , Marinetti e Casella a Capri negli anni Venti, chissà come si rivoltano nella tomba Francesco Cangiullo e gli altri pionieri napoletani sino ai Circumvisionisti degli anni Trenta ed oltre, Piscopo, Buccafusca, Jappelli, Lepore eccetera, chissà dove si accostarono al Futurismo altri pugliesi come Filippo Cifariello e Paolo Ricci. E quanto ad Emilio Notte, è vero che la sua vicenda futurista nasce e si sviluppa tra Firenze e Milano. Ma quando scese a Napoli avendo ottenuto la cattedra di decorazione all'Accademia nel 1929, da quella fama era preceduto. E come «avanguardista» fu pesantemente osteggiato dai passatisti (con attacchi offensivi simili a quelli che ora la figlia rivolge a me) mentre affascinò i giovani studenti di Accademia.

Molti furono poi protagonisti del rinnovamento napoletano. Da Notte «scoprimmo il fascino degli impressionisti, i meandri picassiani, il Futurismo», testimonierà uno di loro. Ma i rapporti ulteriori di Emilio Notte con Marinetti ed altri esponenti del secondo futurismo, la sua firma apparsa su un altro manifesto futurista nel 1933, le sue riprese di opere futuriste negli anni Cinquanta - Sessanta, sono sottolineati nel saggio di Riccardo Notte (Adriana lo conosce?), pubblicato nel catalogo Electa della mostra «Futurismo e Meridione», che si tenne a Napoli a cura di Enrico Crispolti nel 1996. A quel testo rinvierei la signora Notte perché si ripassi bibliografia e storia del Futurismo napoletano… e del padre. «Onestamente e umilmente», si capisce. Auguri per l'incontro del 20 marzo.


Non sono in grado di far altro che riportare qui la diatriba, la mia formazione ed informazione non permette di chiosare nella sostanza le due posizioni, posso però scrivere dell'amarezza di lettore di espressioni dialettiche un tantino trascese, un modo poco opportuno di ricordare la memoria di un Artista.

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