Nel 1929, Napoli si impone come uno dei centri del secondo futurismo, grazie ai soggiorni di Marinetti e all’insegnamento di Emilio Notte, che ottiene la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti. Entrambi hanno un peso determinante sulla formazione di Roehrssen, Leone e Piscopo, che sono ancora vivi e attivi, nonché sulle tendenze dei “circumvisionisti” Carlo Cocchia, Mario Lepore, Luigi Pepe Diaz, Paolo Ricci, Guglielmo Peirce e Antonio D’Ambrosio. Un recupero di tematiche futuriste si ravvisa nell’opera di alcuni artisti contemporanei, come Rino Volpe e Pasquale Forgione, che prediligono il dinamismo, la sintesi, la linea obliqua. (http://www.marcodimauro.org/Conf.futurismo-28.04.03L.htm)
Notte, Leone, Roehrssen, Forgione quella 'rivoluzione dimenticata' Repubblica — 11 febbraio 2009 pagina 9 sezione: NAPOLI
Il centenario futurista solletica orgogli e narcisismi regionali. Il futurismo ebbe una diffusione veramente popolare, grazie alla sua miscela di giovinezza, energia, creatività, coraggio, trasgressione e, se è vero che sconfinò dall' Italia e invase il mondo influendo sulle frammentarietà delle varie avanguardie, è anche vero che si inserì nelle realtà locali generando correnti, movimenti, piccoli gruppi, dove confluirono le più disparate suggestioni poetiche e pittoriche. (...) Il centenario poteva essere una buona occasione per ricordare i pittori futuristi napoletani, da Emilio Notte a Guglielmo Roehrssen, da Giuseppe Antonello Leone a Vittorio Piscopo, da Emilio Buccafusca fino a Pasquale Forgione. Sarebbe stato interessante salvarli dal naufragio della disattenzione. Furono artisti che aderirono al dinamismo che aveva cambiato il mondo e la percezione delle cose senza adottare stravaganze, deragliamenti e intuizioni degli artisti avanguardisti. Al contrario, il Futurismo entrò nelle istituzioni: Emilio Notte, a partire dal 1929, grazie all' insegnamento all' Accademia di Belle Arti, ne divenne il diffusore ufficiale, aiutato dai soggiorni di Marinetti tra Capri e Napoli. L' impatto che il Futurismo ebbe col Meridione fu studiato da Enrico Crispolti in una documentata mostra del 1980, al Palazzo Reale di Napoli, esplorando le regioni del Sud fino alla Sardegna e dimostrando che il Meridione non fu semplicemente terra di conquista. Provocò anche posizioni eretiche e geniali, come il "circumvisionismo" di Carlo Cocchia, Mario Lepore, Luigi Pepe Diaz, Paolo Ricci, Guglielmo Peirce e Antonio D' Ambrosio, che si opponeva alla banalizzazione estetizzante della macchina, del moderno, della guerra. Ma bisogna aggiungere che a Napoli, negli artisti più sensibili, lo smarrimento, l' isolamento, lo scetticismo, facevano crescere un senso di autocritica che era vicino alla perdita di fiducia in se stessi e alla rinuncia. Cos' era, infatti, in quegli anni il futurismo? Nell' Italia fascista si poteva solo conservare il ricordo di un sogno, forse il più conturbante del Novecento, quello di fare della vita quotidiana, e non solo della propria, un' opera d' arte: «Ricostruzione futurista dell' universo». Dove le strade e le insegne pubblicitarie, gli edifici e le automobili, le macchine dell' industria, gli uomini e le donne, gli oggetti per mangiare bere e arredare, la "reclame", le cartoline, il teatro, l' architettura, perfino il cafè chantant, formavano una sola opera d' arte in progress. Molti divennero "aereopittori", coccolati dalle ambizioni aerobelliche del regime. Marinetti dettava, come sempre, il nuovo indirizzo, "Spiralando sul golfo di Napoli" è una aeropoesia che guarda la città, il porto e il mare sorvolando il paesaggio in aeroplano. Marinetti ne registrò anche una versione per la radio, nel 1936. L' aeropittura non fu solo propaganda e gusto del nuovo mezzo di locomozione, essa gettò le basi per quei concetti di colore, suono, movimento, tempo e spazio che connotarono un' arte attenta alle «quattro dimensioni dell' esistenza», che darà origine allo Spazialismo di Lucio Fontana. - MARIO FRANCO http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/02/11/notte-leone-roehrssen-forgione-quella-rivoluzione-dimenticata.html
Nato a Ceglie ma formatosi in Toscana, allievo di Fattori e De Carolis, Notte entra subito in contatto con gli ambienti lacerbiani, anche se non lega molto con Soffici, e nel 1916 lo troviamo, sia pure in posizione minoritaria e distinta, nel gruppo de L'Italia Futurista, la cosiddetta «Pattuglia azzurra» che surrogò a Firenze la defezione di Papini, Soffici e Palazzeschi dal Futurismo e diede vita al «secondo Futurismo fiorentino» (da non confondere col Secondo Futurismo tout court, che parte dagli Anni Venti).
Per me l’arte è superiore alle scienze, alla storia... considero l’arte come suprema. Essere un artista è una cosa bella. Mi piace essere definito artista, al di là di ogni gratificazione materiale.
20 Febbraio 1909 Manifesto iniziale del Futurismo di F. T. Marinetti, pubblicato sul Figaro di Parigi.
1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una magnificenza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa... è più bello della "Vittoria di Samotracia". 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. 7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo. 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli, i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il FUTURISMO, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii [... ].
2 commenti:
Nel 1929, Napoli si impone come uno dei centri del secondo futurismo, grazie ai soggiorni di Marinetti e all’insegnamento di Emilio Notte, che ottiene la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti. Entrambi hanno un peso determinante sulla formazione di Roehrssen, Leone e Piscopo, che sono ancora vivi e attivi, nonché sulle tendenze dei “circumvisionisti” Carlo Cocchia, Mario Lepore, Luigi Pepe Diaz, Paolo Ricci, Guglielmo Peirce e Antonio D’Ambrosio. Un recupero di tematiche futuriste si ravvisa nell’opera di alcuni artisti contemporanei, come Rino Volpe e Pasquale Forgione, che prediligono il dinamismo, la sintesi, la linea obliqua.
(http://www.marcodimauro.org/Conf.futurismo-28.04.03L.htm)
Notte, Leone, Roehrssen, Forgione quella 'rivoluzione dimenticata'
Repubblica — 11 febbraio 2009 pagina 9 sezione: NAPOLI
Il centenario futurista solletica orgogli e narcisismi regionali. Il futurismo ebbe una diffusione veramente popolare, grazie alla sua miscela di giovinezza, energia, creatività, coraggio, trasgressione e, se è vero che sconfinò dall' Italia e invase il mondo influendo sulle frammentarietà delle varie avanguardie, è anche vero che si inserì nelle realtà locali generando correnti, movimenti, piccoli gruppi, dove confluirono le più disparate suggestioni poetiche e pittoriche.
(...)
Il centenario poteva essere una buona occasione per ricordare i pittori futuristi napoletani, da Emilio Notte a Guglielmo Roehrssen, da Giuseppe Antonello Leone a Vittorio Piscopo, da Emilio Buccafusca fino a Pasquale Forgione. Sarebbe stato interessante salvarli dal naufragio della disattenzione. Furono artisti che aderirono al dinamismo che aveva cambiato il mondo e la percezione delle cose senza adottare stravaganze, deragliamenti e intuizioni degli artisti avanguardisti. Al contrario, il Futurismo entrò nelle istituzioni: Emilio Notte, a partire dal 1929, grazie all' insegnamento all' Accademia di Belle Arti, ne divenne il diffusore ufficiale, aiutato dai soggiorni di Marinetti tra Capri e Napoli. L' impatto che il Futurismo ebbe col Meridione fu studiato da Enrico Crispolti in una documentata mostra del 1980, al Palazzo Reale di Napoli, esplorando le regioni del Sud fino alla Sardegna e dimostrando che il Meridione non fu semplicemente terra di conquista. Provocò anche posizioni eretiche e geniali, come il "circumvisionismo" di Carlo Cocchia, Mario Lepore, Luigi Pepe Diaz, Paolo Ricci, Guglielmo Peirce e Antonio D' Ambrosio, che si opponeva alla banalizzazione estetizzante della macchina, del moderno, della guerra. Ma bisogna aggiungere che a Napoli, negli artisti più sensibili, lo smarrimento, l' isolamento, lo scetticismo, facevano crescere un senso di autocritica che era vicino alla perdita di fiducia in se stessi e alla rinuncia. Cos' era, infatti, in quegli anni il futurismo? Nell' Italia fascista si poteva solo conservare il ricordo di un sogno, forse il più conturbante del Novecento, quello di fare della vita quotidiana, e non solo della propria, un' opera d' arte: «Ricostruzione futurista dell' universo». Dove le strade e le insegne pubblicitarie, gli edifici e le automobili, le macchine dell' industria, gli uomini e le donne, gli oggetti per mangiare bere e arredare, la "reclame", le cartoline, il teatro, l' architettura, perfino il cafè chantant, formavano una sola opera d' arte in progress. Molti divennero "aereopittori", coccolati dalle ambizioni aerobelliche del regime. Marinetti dettava, come sempre, il nuovo indirizzo, "Spiralando sul golfo di Napoli" è una aeropoesia che guarda la città, il porto e il mare sorvolando il paesaggio in aeroplano. Marinetti ne registrò anche una versione per la radio, nel 1936. L' aeropittura non fu solo propaganda e gusto del nuovo mezzo di locomozione, essa gettò le basi per quei concetti di colore, suono, movimento, tempo e spazio che connotarono un' arte attenta alle «quattro dimensioni dell' esistenza», che darà origine allo Spazialismo di Lucio Fontana. - MARIO FRANCO
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/02/11/notte-leone-roehrssen-forgione-quella-rivoluzione-dimenticata.html
Posta un commento