'Primo Maggio un' opera da donare' Repubblica — 06 novembre 2007 pagina 1 sezione: NAPOLI
Un artista lascia in eredità una sua opera a un partito politico. Che succede se quel partito cessa di esistere, chiude baracca e burattini e aliena pure i suoi beni? Le cose non staranno proprio in questi secchi termini. Ma l' artista esiste davvero, è Emilio Notte. E l' opera pure c' è: si tratta di "Primo Maggio", affollato di iscritti al Pci e da inequivocabili bandiere rosse. Il dipinto fu donato al Partito comunista da Notte, uno dei maestri del Novecento, che ha attraversato l' arte di Napoli e non solo, dal Futurismo al 1970, quando morì settantanovenne. Ora il figlio, Riccardo Notte, professore all' Accademia di Brera, propone alla federazione ex Ds di donare l' opera, che è una "testimonianza civile e politica", al Madre o al Museo di Capodimonte.
Arte e politica. Un' opera d' arte è sì un bene patrimoniale, ma ha un significato che va oltre il suo valore materiale. In questi giorni si parla del processo di trasformazione di un partito che non è sicuramente più quello dei tempi di Notte. Le varie formazioni confluite nel Pd, proprietarie di beni mobili e immobili discutono e verificano se la memoria non confligge con il futuro. «Mio padre - spiega Riccardo Notte - intese donare il grande quadro a una istituzione, il Partito comunista italiano, che lo rappresentava in pieno, in quell' epoca, sia perché iscritto alla sezione Mater Dei (prima e originaria destinazione del quadro), sia perché intellettuale e artista militante ad alto livello in una forza politica che oggi non esiste più». Quindi Notte si domanda se «un ente di nuova formazione, completamente estraneo all' ambiente politico e alle motivazioni che spinsero Notte a fare una così cospicua donazione, può conservare nel suo patrimonio reale e morale un' opera d' arte che appare oggi completamente fuori contesto e fuori luogo». All' erede è affidata anche la tutela del pensiero dell' artista: «Perciò secondo me no, non è possibile». Quale dovrebbe allora essere la destinazione di "Primo Maggio"? «Alienarlo non credo sia possibile: sarebbe di cattivo gusto, le enormi dimensioni e il soggetto non si prestano alla commercializzazione. è un documento storico, non si presta a finire in casa di un privato cittadino, come, con ogni evidenza, fu del resto inteso dal suo autore». E allora? «I dirigenti locali e nazionali dovrebbero considerare la possibilità di offrire l' opera a una istituzione museale. La Galleria nazionale d' arte moderna di Roma potrebbe essere il referente nazionale più logico, ma se l' opera deve rimanere nella sua sede allora c' è il Madre o, ancor meglio, il Museo di Capodimonte». I musei cittadini - a parte la considerazione che il Novecento napoletano e italiano è male rappresentato ovunque a Napoli - non posseggono opere di Emilio Notte: fa eccezione la Galleria dell' Accademia di Belle Arti, «ma lì mio padre, che ci insegnava, giocava in casa», dice Riccardo Notte. Una sorta di damnatio memoriae che non corrisponde all' interesse che i collezionisti - ce ne sono tanti anche a Napoli - e altre istituzioni e città italiane, come Firenze, dimostrano ancora oggi per l' opera del maestro. «Mi pare che una donazione come questa potrebbe riempire tale incomprensibile lacuna, al contempo dimostrando che la parte politica che si è fatta promotrice dell' iniziativa tiene a cuore non solo il presente ma anche il passato: un passato che, per quanto separato dal nostro presente, ha avuto il suo indubbio valore, non solo politico ma principalmente culturale». Nella città che tanto ha coltivato l' arte contemporanea, è un tributo dovuto a un artista che ha contribuito a gettarne le fondamenta.
Nato a Ceglie ma formatosi in Toscana, allievo di Fattori e De Carolis, Notte entra subito in contatto con gli ambienti lacerbiani, anche se non lega molto con Soffici, e nel 1916 lo troviamo, sia pure in posizione minoritaria e distinta, nel gruppo de L'Italia Futurista, la cosiddetta «Pattuglia azzurra» che surrogò a Firenze la defezione di Papini, Soffici e Palazzeschi dal Futurismo e diede vita al «secondo Futurismo fiorentino» (da non confondere col Secondo Futurismo tout court, che parte dagli Anni Venti).
Per me l’arte è superiore alle scienze, alla storia... considero l’arte come suprema. Essere un artista è una cosa bella. Mi piace essere definito artista, al di là di ogni gratificazione materiale.
20 Febbraio 1909 Manifesto iniziale del Futurismo di F. T. Marinetti, pubblicato sul Figaro di Parigi.
1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una magnificenza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa... è più bello della "Vittoria di Samotracia". 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. 7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo. 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli, i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il FUTURISMO, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii [... ].
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'Primo Maggio un' opera da donare'
Repubblica — 06 novembre 2007 pagina 1 sezione: NAPOLI
Un artista lascia in eredità una sua opera a un partito politico. Che succede se quel partito cessa di esistere, chiude baracca e burattini e aliena pure i suoi beni? Le cose non staranno proprio in questi secchi termini. Ma l' artista esiste davvero, è Emilio Notte. E l' opera pure c' è: si tratta di "Primo Maggio", affollato di iscritti al Pci e da inequivocabili bandiere rosse. Il dipinto fu donato al Partito comunista da Notte, uno dei maestri del Novecento, che ha attraversato l' arte di Napoli e non solo, dal Futurismo al 1970, quando morì settantanovenne. Ora il figlio, Riccardo Notte, professore all' Accademia di Brera, propone alla federazione ex Ds di donare l' opera, che è una "testimonianza civile e politica", al Madre o al Museo di Capodimonte.
Arte e politica. Un' opera d' arte è sì un bene patrimoniale, ma ha un significato che va oltre il suo valore materiale. In questi giorni si parla del processo di trasformazione di un partito che non è sicuramente più quello dei tempi di Notte. Le varie formazioni confluite nel Pd, proprietarie di beni mobili e immobili discutono e verificano se la memoria non confligge con il futuro. «Mio padre - spiega Riccardo Notte - intese donare il grande quadro a una istituzione, il Partito comunista italiano, che lo rappresentava in pieno, in quell' epoca, sia perché iscritto alla sezione Mater Dei (prima e originaria destinazione del quadro), sia perché intellettuale e artista militante ad alto livello in una forza politica che oggi non esiste più». Quindi Notte si domanda se «un ente di nuova formazione, completamente estraneo all' ambiente politico e alle motivazioni che spinsero Notte a fare una così cospicua donazione, può conservare nel suo patrimonio reale e morale un' opera d' arte che appare oggi completamente fuori contesto e fuori luogo». All' erede è affidata anche la tutela del pensiero dell' artista: «Perciò secondo me no, non è possibile». Quale dovrebbe allora essere la destinazione di "Primo Maggio"? «Alienarlo non credo sia possibile: sarebbe di cattivo gusto, le enormi dimensioni e il soggetto non si prestano alla commercializzazione. è un documento storico, non si presta a finire in casa di un privato cittadino, come, con ogni evidenza, fu del resto inteso dal suo autore». E allora? «I dirigenti locali e nazionali dovrebbero considerare la possibilità di offrire l' opera a una istituzione museale. La Galleria nazionale d' arte moderna di Roma potrebbe essere il referente nazionale più logico, ma se l' opera deve rimanere nella sua sede allora c' è il Madre o, ancor meglio, il Museo di Capodimonte». I musei cittadini - a parte la considerazione che il Novecento napoletano e italiano è male rappresentato ovunque a Napoli - non posseggono opere di Emilio Notte: fa eccezione la Galleria dell' Accademia di Belle Arti, «ma lì mio padre, che ci insegnava, giocava in casa», dice Riccardo Notte. Una sorta di damnatio memoriae che non corrisponde all' interesse che i collezionisti - ce ne sono tanti anche a Napoli - e altre istituzioni e città italiane, come Firenze, dimostrano ancora oggi per l' opera del maestro. «Mi pare che una donazione come questa potrebbe riempire tale incomprensibile lacuna, al contempo dimostrando che la parte politica che si è fatta promotrice dell' iniziativa tiene a cuore non solo il presente ma anche il passato: un passato che, per quanto separato dal nostro presente, ha avuto il suo indubbio valore, non solo politico ma principalmente culturale». Nella città che tanto ha coltivato l' arte contemporanea, è un tributo dovuto a un artista che ha contribuito a gettarne le fondamenta.
- STELLA CERVASIO
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